In my blog

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martedì 12 aprile 2016

Il cavaliere e lo spettro nella tormenta





Le notti erano fredde e ventose in quel periodo.
I monti s'innalzavano al cielo.
Respirare diventava come se mille aghi di ghiaccio si conficcassero nei polmoni.
Un giovane cavaliere trottava sul suo destriero seguito, a piedi, dal suo giovane scudiero. Il mantello color arancio svolazzava lungo la schiena e il fodero di una spada pendeva dalla cintola.
Aveva una carnagione olivastra e una folta capigliatura nera. Zigomi che sembravano incastrati con perfezione su quel magnifico volto dai lineamenti fini.
Il suo scudiero era un ragazzetto alto e magro che camminava fiero ed eretto.
«Riposiamo qui» disse il nobile fissando un'inclinazione a forma di grotta sulle pareti della montagna. Non era profonda ma creava un ottimo riparo sia dalla pioggia che dal vento.
E il giovane Lord Theodor Riversun lo sapeva, avrebbe piovuto.
Smontando guardò lo scudiero che si affaccendava a prendere le briglie. Gli sorrise. «Adrian tu va pure ad arrangiare dei giacigli, al cavallo ci penso io» disse.
Annuendo quello aggrappò la sacca con le coperte e si allontanò.
Theodor lo guardò fiero. Sapeva che soffriva il freddo ma sembrava sempre pronto a rendersi utile. Non si lamentava mai, e non perché era muto, Adrian riusciva a biascicare delle parole nonostante la sua voce assumeva un tono un po' strozzato. Non essendo sordo però preferiva non dover udire la sua voce.
Uno scudiero che faceva ben poca compagnia ma che in poche cose riusciva a farlo star bene. Il ragazzo era figlio di un conte, per questo difetto del figlio aveva faticato a trovare un cavaliere che lo accettasse come scudiero ma poi aveva incontrato il Lord di Riversun. Da subito lui si era detto che anche se muto Adrian discendeva da una dinastia di addestratori di cavalli, nessuno scudiero avrebbe curato il suo stallone meglio di lui.
Legò le briglie in una corda che assicurò attorno a uno spuntone roccioso. Sistemò un telo pesante sulla sella per riparare il cavallo dal freddo. Lo abbeverò e fece in modo che avesse da mangiare.
Il giovane scudiero aveva già arrangiato due brande con delle coperte e stava cercando di tagliare il pezzo di cervo affumicato che ormai era la loro unica risorsa di cibo. Per farlo usava un vecchio coltello poco tagliente, erano giorni che Theodor si diceva di doverlo affilare.
«Usa il mio pugnale» disse il cavaliere, porgendogli l'arma in questione tenendola per la lama.
Il ragazzo lo prese con due mani., con fare quasi cerimonioso.
Sorridendo il cavaliere lo guardò tornare alla carne. Sedette sul giaciglio fissando il cielo che pareva proprio promettere tempesta.
Si rifocillarono e dopo si stesero per dormire un po'.
La tempesta non si fece attendere. I nuvoloni e la pioggia a catinelle. Il vento soffiava come se fosse il padrone incontrastato di quelle contrade, spesso sospingeva la pioggia dentro il loro riparo.
Qualche goccia aveva fatto sussultare il giovane scudiero.
Lord Theodor Riversun di tanto in tanto alzava lo sguardo sulla tempesta. Sapeva che sarebbe grandinato e che poteva persino scatenarsi la neve. Non era certo un buon posto per restare bloccati per una tormenta di neve. Osservò Adrian che aveva spostato indietro il suo giaciglio.
Ora il ragazzetto era avvolto nella coperta di tela. Un ciuffo di capelli che sbucava come una coda di volpe da quel caldo fagotto. Adrian soffriva molto il freddo ma finché non veniva il momento di accamparsi stringeva sempre i denti.
Stavolta anche il cavaliere si sentiva assopito. Non vedeva un inverno così rigido da anni!

La neve aveva preso a scendere.
Il terreno era già una distesa difficile da praticare. I segni degli zoccoli del cavallo erano stati nascosti alla vista da quando il cavaliere aveva deciso che anche il suo stallone doveva riuscire a raggiungere il loro rifugio.
Le uniche tre presenze in quel luogo sonnecchiavano. Non si udiva altro che silenzio. Una muta calma che rendeva sereni.
Tutto era bianco e tutto era fermo.
All'improvviso un suono vibrò nell'aria.
Una voce melodiosa, un cantico sull'amore.
Risuonava dolcemente in tutte le zone adiacenti alla montagna.
Il cavaliere ne fu svegliato subito. Si mise seduto e iniziò ad assaporare quel canto misto alla calma paradisiaca del paesaggio tutt'attorno.
Una voce di donna. Cantava la ricerca dell'amore. Una ricerca che l'aveva fatta soffrire.
Era estasiato da quella voce di cui aveva solo sentito parlare in passato. E ora poteva udirla!
Quando la voce si fece più alta e la canzone risuonava con un timbro più acuto,  Adrian si tirò su preso dalla sorpresa. Fissò prima la neve e poi il suo signore.
«Ne avevo sentito parlare.» disse Lord Theodor «Narrano che in queste montagne vive lo spettro di una donna che canta del suo amore perduto, di quanto lo ha cercato e di come continuerà sempre a cercarlo. È proprio una bella voce, non credi?»
Annuendo con enfasi Adrian sorrise, e dopo lasciò scorrere gli occhi lungo le vette e il cielo assaporandone l'attimo.
«Chissà se potremo anche vederla!» esclamò il cavaliere. E poi si perse nell'enfasi di ciò che sapeva. «Certe volte, dicono, appare bella e cinta in un abito di seta azzurra, altre invece con un mantello di tela e sporca di sangue. Narrano che appaia in modi differenti in base all'animo di chi la vedrà.»
Sgranando gli occhi il giovane scudiero lo aveva fissato.
«E dice di cercare un cavaliere, un dragoniere diverso dal resto del mondo».
Nella mente di Adrian quel cavaliere non poteva che essere Theodor Riversun ma cosa doveva farne lo spettro della donna dell'uomo giusto? Più di tutto il giovane scudiero temeva che volesse tramutarlo in spettro.
Il vento creava un sottofondo appena accennato mentre la voce si faceva sempre più melodiosa.
A un certo punto in mezzo alla tormenta, lontana centinaia di passi, fu visibile una donna. Il vestito azzurro svolazzava fra la neve spiccando all'occhio. Aveva lisci e brillanti capelli biondi, un biondo così chiaro che parevano quasi fili d'oro.
Boccheggiando per la sorpresa Adrian si era sporto in avanti. Guardò il suo signore e gli sorrise vedendolo meravigliato quanto lui, infine tornò alla figura che sembrava volteggiare.
Leggiadra e bella la fanciulla spettro aveva passeggiato fin poco lontano da loro. Non sembrava aver cattive intenzioni, in realtà forse non li aveva nemmeno notati... o sì? Ogni tanto era come se lanciasse un'occhiata curiosa verso di loro magari guardava solo la neve.
La tormenta di neve si faceva via via più forte.
Lo spettro sembrava alimentare la tristezza col suo canto.
La sua voce risuonava melodiosa e disperata. Anche se non si capivano perfettamente tutte le parole, se ne distingueva la maggior parte,  il significato di quei versi non poteva sfuggire a chi lo ascoltava.

"Una maledizione é stata nascere,
Scoprire l'amore...
Ma quale amore e quale vita
Se il mio cavaliere mi ha ferita?
Vorrei solo che si redima, non lui stesso
Ma l'uomo!
Un cavaliere può farmi andare,
Nella pace dell'anima portare il mio cuore"
Questa era la strofa che ripeteva più spesso. Cantandola la sua voce vibrava di un dolore e una malinconia indescrivibile. Una sensazione unica che riusciva a riempirti l'animo di una sorta di empatia improvvisa.
Lord Theodor Riversun riuscì a scorgere le lacrime che il suo scudiero muto cercava di nascondere chinando il capo e lasciandosi coprire dai capelli spettinati e crespi. Scosse la testa con un sorriso e poi tornò a fissare la tormenta di neve avvolgere lo spettro di quella donna bellissima.
Finii per sparire fra la neve. Proprio come era apparsa era svanita come fosse stata risucchiata dalla tempesta.
La pioggia, la neve, il vento, la tormenta e la tempesta si placarono lentamente.
Il cielo finì per rischiararsi.
Ogni presagio di tempesta sparì.
Quando la stessa mattina i due ripresero il cammino c'era ancora nell'aria una sorta di dolce malinconia. Entrambi i viaggiatori erano ancora con la mente alla donna spettro, al suo canto e a quella magica notte.
Proprio dalla vetta una grande ombra oscurò il sole.
Sussultando Theodor alzò il capo verso il cielo.
Un enorme drago d'argento si stava levando in volo proprio su di loro. Portò la mano alla lancia che teneva ben pronta vicino alla coscia. Strinse il bastone d'avorio.
Il ragazzino fissava il drago incredulo. Da quando era lo scudiero di Lord Theodor Riversun, cavaliere del re e grande dragononiere, ne aveva visti alcuni ma mai grandi come quello e tanto meno d'argento.
Era meraviglioso il modo in cui le squame del drago brillavano ai raggi del sole.
Il suo enorme corpo si librava su di loro con una magnificenza assoluta.
La sua bellezza fendeva l'aria.
Le sue immense ali dibattevano potenti e leggiadre.
Era proprio sopra di loro. I suoi occhi dorati li scrutarono.
Nonostante fosse lì per dargli la caccia Lord Theodor depose la lancia. Preferì restare fermo a contemplare i suoi occhi.
«Non ho il cuore di combatterlo» pronunciò malinconico.
Il giovane scudiero lo guardò per un attimo poi riportò i suoi occhi a quel magnifico esemplare.
Quando il drago era sparito oltre i monti aveva regnato un pacifico silenzio. Tutto era divenuto così paradisiaco. Il cielo lindo e brillante, la neve candida nonostante si stesse sciogliendo. Il sole luminoso. L'aria fresca e rinvigorente.
I due viaggiatori presero ad andare avanti, non avevano più nulla da dare lì, eppure con lo sguardo si voltavano continuamente indietro. Desiderosi di vedere ancora quei magici spettacoli che tanto li avevano affascinati.
La neve riprese a cadere lenta. Il vento leggero la sospingeva dolcemente.
Una figura veniva loro incontro.
Le movenze delicate e un passo lento.
Lo spettro della donna si presentò dinnanzi ai loro occhi come una fanciulla in carne e ossa.
La fissarono presi dallo stupore. Lord Theodor Riversun era affascinato dal suo viso perfetto, si sentiva quasi ipnotizzato.
Arrivò proprio di fronte a loro.
I suoi magnifici occhi scrutavano il cavaliere e lo scudiero.
«Perché non mi hai temuto?» domandò.
«Perché non avevo mai visto così tanta bellezza.» sussurrò Theodor e con aria presa «Ho sentito in questa bellezza il dono meraviglioso della vita! No, non sarò certo io a rovinare la tua perfezione».
Si guardarono negli occhi.
«Mi hai risparmiato, dunque?» domandò ancora incredula.
Il cavaliere annuì.
Fissando un po' una, un po' l'altro Adrian si domandava cosa succedeva.
Volgendosi allo scudiero la donna spettro sorrise. Gli accarezzò la nuca. «Sei lo scudiero di un gran signore» disse dolcemente. Tornò a guardare il cavaliere e poi chiese: «Sei un dragoniere? Rinuncia a esserlo e resta con me!».
Di già Adrian era sorpreso del fatto che la mano dello spettro lo avesse toccato ma udire quella proposta lo sorprese davvero. Con i suoi grandi occhi scuri scrutò il suo signore.
Lord Theodor Riversun sorrideva. Gli si leggeva in viso che quella richiesta lo rendeva felice, eppure sembrava stare riflettendo con minuzia. Scosse il capo negando.
«Per la stirpe a cui appartengo?» chiese.
«Non per la tua stirpe.» rispose «Per quella a cui, "io", appartengo».
Lei lo fissò con gli occhi languidi e poi con tono amareggiato pronunciò: «Se nemmeno il cavaliere che ha sentito tutto di me non può restare... chi mai lo farà?! Chi mai riuscirà a dimostrarmi che esiste qualcosa che va oltre l'onore cavalleresco e le battaglie?!»
«Se sono arrivato io, sono certo che ne verrà un altro... un altro che deciderà di rinunciare ai propri impegni e restare» disse sicuro il cavaliere.
«Allora andate e buona fortuna» sussurrò con un fil di voce la donna spettro.

Anche se non parlava, Adrian non era stupido. Ultimamente seguiva il suo signore, prendendosi cura del suo cavallo e osservava il suo profondo cambiamento. Gli sembrava malinconico, svogliato e depresso. Si era chiuso in sé stesso come se passasse le giornate in mute riflessioni che si dibattevano dentro di lui, persino a corte aveva continuato a restare taciturno.
Strigliando il cavallo Adrian guardò Lord Sellinghan, signore di Gallen. Gli aveva posato la mano sulla spalla chiamando il suo nome.
«Che è successo su quella montagna?» aveva chiesto quel nobile.
Nessuna risposa dal giovanotto.
«Avete visto lo spettro di cui si parla?» domandò.
Stavolta lo scudiero si costrinse ad annuire.
«E?»
Non voleva dirgli il motivo per cui Lord Theodor doveva essere così malinconico. Scosse le spalle e con voce stridula disse: «E niente... sssolo un f-fantasma».
«Perché allora è strano?» domandò ancora.
Scosse ancora le spalle.
«Capirò cos'è che non va.» s'incamminò fuori dalla stalla.
Seguendolo con lo sguardo Adrian sospirò. Tornò con amore a occuparsi del cavallo. Rimase a rimuginare chiedendosi cosa potesse essere che tormentava Lord Riversun, forse si era pentito di non essere rimasto con la donna spettro? Non se lo spiegava.
Quando qualche giorno dopo il re narrò di aver mandato un gruppo di dragonieri lì dove Riversun non era riuscito erano tutti in sala per il banchetto reale. Tutti consapevoli che il cavaliere non aveva trovato il drago d'argento che sua maestà desiderava tanto.
Strisciando la sedia rumorosamente Theodor Riversun si era alzato. Il suo sguardo grave trafisse persino il re. «Scusate, devo andare».
Correndo Adrian lo seguì. Fuori dalla sala reale gli aggrappò il mantello fissandolo interrogativo.
Si era voltato e aveva già scorto il punto di domanda sul suo viso.
«Resta qui, Adrian. Probabilmente io non tornerò mai più» pronunciò.
«Vengo con voi» disse inorridendo per la propria voce.
Accettando di buon grado la decisione del ragazzo quello camminò avanti, facendolo però aveva precisato che non sarebbero tornati mai più e che sarebbe finiti per essere giudicati traditori.
Al ragazzo non importava. Lui era cresciuto come il peso di una grande casata! Come poteva essere muto? Perché il destino infausto aveva donato un figlio incompleto a suo padre?! L'unico che lo aveva sempre rispettato era il nobile a cui faceva da scudiero, era pronto a tutto pur di essergli utile.

La neve ancora una volta invadeva quelle contrade.
La vista candida e una voce melodiosa erano tutto ciò che avrebbe voluto udire eppure i lamenti disumani di un drago d'argento risuonavano nell'aria. La bianca neve sporca di sangue.
Lance in mano a prodi cavalieri.
Scudi perforati.
«Theodor! Aiutaci!» vociò un uomo trafiggendo la zampa anteriore destra del drago.
Il ringhio vibrò mentre gli occhi del drago guardavano il nuovo venuto.
Tremando Adrian indietreggiò. Aveva già sentito dire che molti dragonieri avevano modi sanguinosi e crudeli ma ora li vedeva con i suoi occhi.
Lord Theodor Riversun estrasse la spada.
Nessuno poteva aspettarsi che si fiondasse con impeto contro gli altri cavalieri. Li prese di sorpresa e si batté con loro per poi ucciderli.
Mentre combatteva il drago si era alzato in volo. Insanguinato e debilitato aveva faticato a prendere quota e poi era sparito.
Il sangue sulla neve aveva tormentato parecchio la mente di Adrian mentre incerto seguiva il suo signore. Avevano errato fra quelle contrade con aria affranta, solo quando Lord Theodor si fermò Adrian alzò il capo.
Lo sorprese la vista della donna spettro.
Il vestito azzurro insanguinato. Il braccio e il viso feriti. Una poco promettente macchia scarlatta era concentrata all'addome.
Vedendola Lord Theodor corse avanti, sino a lei. La aggrappò e la strinse a sé.
Una donna spettro che era anche un magnifico drago dal colore dell'argento!
Ora Adrian lo aveva capito, non chiese nulla al riguardo. Si limitò a fissare il suo signore mentre prendeva in braccio la donna e la stringeva a sé
Il nobile la strinse. «Scusa se non ne ho avuto il coraggio prima» sussurrò e poi sporse le sue labbra a quelle di lei. Il loro bacio solleticò con una scossa di piacere ogni parte dell'anima, sfiorò l'infinito paradiso con la sua dolcezza.
Ammaliato Adrian guardò quella donna prendere sempre più colorito mentre le ferite sul suo corpo si rimarginavano. La magia di quel bacio sembrava tramutare in una donna vera quell'enigmatica figura che tuttora lo scudiero non riusciva a comprendere.
Sarebbero rimasti insieme, che fosse su quelle montagne o in cerca di un posto nuovo, i tre avrebbero sempre portato con loro la magia che aveva caratterizzato quei luoghi.