In my blog

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sabato 10 ottobre 2015

Sensazioni dall'aldilà.








09/10/2015

Vivido dentro di me sentivo un insano terrore ardere, nonostante non ne avessi motivo, nonostante fossi sempre stata senza paura. 
La faccia pallida e spettrale mi guardava.
I capelli neri le ricadevano scomposti ai lati del viso.
L'espressione... proprio di uno spettro che non ha pace.
Mi guardava. Era lei!
D'istinto feci per colpirla.
Volevo scacciarla da casa mia, volevo che quel fantasma sfuggisse alla mia vista!
Il sangue prese a sgorgare dai graffi sulle mie mani,  in fiumi di un rosso vivo che in pochi istanti si disegnarono sulle mie braccia. Li guardai sfociare veloci come le lacrime che mi scorrevano per il viso. C'era tanto sangue ma lei non c'era più.
Fissai lo specchio rotto, lo stesso avevo appena colpito.
Un altro. Forse stavo impazzendo eppure non riuscivo più a guardarmi allo specchio senza vedere anche lei. Lyla, la mia gemella era morta da qualche mese a causa di un incidente stradale. Quei durissimi mesi a sopportare la sua assenza e a temere, in un certo senso, la sua presenza. Mio marito, i miei genitori, i miei amici ripetevano di calmarmi e parlare con uno psicologo. All'inizio sembravo stare migliorando ma poi cominciai ad avvertire qualcosa.
Penserete che io stia farneticando ma non è così, cominciai a notare piccoli cambiamenti in me, nell'aspetto, nei modi di fare e di vestire. I miei stessi vestiti mi calzavano in modi che non avevo mai usato. Stupidaggini che un estraneo non può certo capire, come non può nemmeno distinguere due gemelle e si sorprende anche se i loro stessi genitori invece ci riescono. Ecco, queste piccolezze sono le cose di cui parlo.
All'inizio credevo di stare impazzendo ma una sera, a cena a casa dei miei, lessi sul volto di mia madre che per un attimo anche lei aveva visto Lyla in me. Proprio mentre indossavo il cappotto e lo chiudevo partendo dal bottone in basso, un'abitudine che mai avevo prima che mia sorella morisse e che invece era solo sua!
Il medico dice che ho una specie di psicosi e per questo sto prendendo le abitudini di mia sorella ma lui non vede ogni notte il mio riflesso allo specchio. Nemmeno io vorrei guardarlo eppure è più forte di me. Se non appare sto male, quando la vedo urlo e desidero che sparisca.
Ogni notte amo piazzarmi davanti al lavello per vedere se somiglio ancora di più a Lyla, cerco un indizio che mi ricordi che sono ancora me stessa. Vorrei sorridere e scorgere il mio sorriso.
Vedete, quando sono sola e provo a sorridere a quello specchio vedo sul mio volto una smorfia di dolore. Forse perché Lyla non è felice o magari perché la fa soffrire il fatto che io possa ancora sorridere... in effetti se è la seconda opzione, lei stessa mi sta togliendo il sorriso. Non la odio per questo, la amo ancora.
Vorrei scordare il nostro legame ma non ci riesco. Siamo sorelle, gemelle, nate per non separarsi e solo Dio sa, quanto odio ed amo il fatto che nemmeno la morte ci abbia separate.

Ora, distrutto un altro specchio aspetterò che torni Dexter e mi porti dal medico... ancora!
Dexter, mio marito, è un uomo paziente e calmo. Siamo sposati da meno di un anno e mi ama alla follia, credo sia per lui che continuo ad ascoltare pareri psichiatrici e medici, altrimenti mi sarei già arresa alla triste evidenza.
Ecco che mentre scrivo la rivedo attraverso la mia ombra.
Lyla aveva il vizio di accarezzarsi i capelli mentre scriveva. Il suo diario delle medie ne conteneva sempre qualcuno fra le pagine. Riecco quel gesto.
Ogni volta che scorgo queste cose ho difficoltà a capire come comportarmi. Dovrei sorridere per i ricordi che sovraggiungono o piangere per il terrore? Non credo otterrò mai una risposta corretta ma è consolante già il sol porgere la domanda, mentre nell’indecisione faccio entrambe le cose assieme.
Ho la sensazione che di notte Lyla sosti vicino alla porta della mia stanza e mi osservi dormire. Consolante ed inquietante al tempo stesso, eh!
Chissà poi perché sto seguendo l'idea strampalata di un medico di tenere un diario in cui parlare di me e Lyla dopo l'incidente. Tutto ciò che mi sembra di scorgere, vedere o sentire (non che io abbia mai sentito nulla di strano, grazie a Dio!) però devo ammetterlo che dall'attimo in cui la penna è partita in quinta mi sento meglio.
Sapete chi si rilassava con la scrittura? Già proprio lei, Lyla!
È un pensiero che mi tormenta questo, davvero sto seriamente temendo di diventare lei e mi chiedo se in me resterà qualcosa di me a parte l'identità in sé!
Ora ho visto l'ombra di me stessa alzarsi ma io sono ancora seduta.
Sta camminando verso di me, eppure io non mi sono mossa di un sol passo. Si avvicina con quella camminata vispa che tanto ci differenziava.
Sto tremando e le lacrime sgorgano senza che io le possa fermare, eppure sorrido anche perché la mia sorellina è con me.
Ho appena sentito la sua voce che mi chiamava per nome!
Sento i brividi sulle braccia eppure le ho lanciato un sorriso, un sorriso vero. Forse per evitare di ferirla cerco di nascondere la paura che provo dopotutto lei è qui con me, per proteggermi, perché è tuttora molto legata a me e io continuerò sempre a non farle pesare la sua presenza extra-terrena qui sulla terra.
Mi ha chiamata di nuovo per nome.
La sua voce ora comincia a suonarmi più forte e reale.
Le ho detto di dirmi perché non è andata in pace. Che sorpresa! Mi ha risposto: "La tua felicità". Che sensazione piacevole scoprire che la mia sorellina è rimasta su questa terra per vegliare su di me, finché non ritroverò la felicità. Di certo sa che l'aveva persa con lei!
Ormai è quasi al mio fianco come fosse il mio riflesso e invece è ancora lei.
Sapete? Proverò ad abbracciarla, chissà se l'attraverserò o riuscirò a sfiorarla!




Questo diario è stato ritrovato a terra, di fianco al cadavere della sua autrice, Theresa Renours, strangolata da delle mani con dita lunghe e sottili eppure dalla forza innaturale.
A seguire di queste parole il diario riportava una scritta che analizzata è risultata la calligrafia della sorella gemella, Lyla Renours, morta in un incidente avvenuto alcuni mesi prima della data riportata dalla vittima. Questa seconda calligrafia scriveva:

Avevi la casa che sarebbe piaciuta a me, il cuore dell'uomo che anch'io desideravo… e la vita.
Una cosa sola mi ha tenuto qui, a osservarti dallo specchio, a seguirti come un'ombra, a guardarti dormire vicino all'amore della mia vita: non potevo arrendermi alla morte sapendoti felice!
Volevo toglierti quel sorriso idiota dalla faccia, e la vita da quegli occhietti furbi che hanno sempre finto di volermi bene.


venerdì 2 ottobre 2015

Aspettando la morte.




La torre bianca sembrava toccare il cielo.
La balaustra che s'affacciava a corte delle sale principali del castello era illuminata dal sole del meriggio. Il cielo così limpido e azzurro.
Una dama si ergeva bella come il riflesso della Dea Venere sulla terra. Le braccia incrociate davanti al petto sulla balaustra, i capelli che ricadevano in vivaci riccioli neri ebano, il viso tondo e roseo ravvivato da quelle piccole labbra carnose. Vestiva di seta e organza, nastri e di una tonalità blu acceso... come i suoi occhi. La duchessina di Hergik aveva una bellezza innata e si diceva fosse innamorata del giovane cavaliere che accompagnava sempre il conte Darius Follegni, il più importante dei suoi pretendenti.
Anche quel giorno lei sembrava essersi perduta nella contemplazione del bel cavaliere mentre questo si occupava dei loro cavalli alle stalle. La bella fanciulla lanciò uno sguardo alla sua dama di compagnia che era troppo impegnata ad ammiccare fissando il suo adorato garzone del castello. Scosse il capo e s'allontanò di soppiatto, scese le scale fissando sempre la sua meta.
"Ralph Ximer" si ripeteva ed il cuore le esplodeva in gola.
«Buondì, cavaliere» lo salutò. Incrociò i suoi occhi e sentì come dentro di lui ardeva lo stesso amore che provava lei. Lo vedeva chiaro nel suo sguardo.
«My lady Candice» risuonò profonda la sua voce.
Si guardarono.
Dopo essersi salutati tutto era superfluo, sapevano perfettamente cosa l'altra voleva dire e cosa avrebbe risposto lui.
«Sai se ripartirai?» domandò lei.
Lui si tirò indietro i capelli biondi, crespi visto che il vento li aveva tormentati durante la cavalcata di quel giorno. «Non finché il conte pensa di avere una possibilità per la vostra mano»
«Gli darei persino me stessa pur di non vederti partire» si avvicinò e guardando le sue mani grandi poggiate sulle briglie di un magnifico puro sangue sorrise. Allungò timidamente la mano e gli e la poggiò sopra. «Se lo rifiuto invece, potrò mai rivederti?»
«Vorrei fuggire dall'onore d'essere cavaliere ed abbandonare il signore che servo ma non posso...» sussurrò lui guardando quei magnetici occhi blu. Lo avevano stregato, ammaliato!
«E se accettassi il corteggiamento del tuo padrone continueresti ad amarmi?» il tono della fanciulla era quasi inquisitore. Lo fissò con più impeto e dopo domandò: «Riusciresti a toccare le mie labbra con le tue mentre ci ritroviamo al fiume?»
«Non potrei più»
Annuendo la bella fanciulla sospirò. Era incappata in un amore impossibile e se ne rendeva perfettamente conto eppure non riusciva ad odiare quella magnifica sera in cui si erano incontrati al fiume. Lei ed il suo bellissimo cavaliere.
Lei, lui e tutte quelle sere che si erano rincontrati. Quanti baci le aveva rubato e quanti sogni le aveva ucciso.
«Non sopravviverei vedendoti dentro queste mura senza poterti avere» mugolò e ritirando ora la mano «sarò così crudele col tuo signore cossiché non torniate mai più».
Il cavaliere la guardò a malincuore. Sentirle dire così era un tormento per le sue orecchie.
«Candice» sussurrò sottovoce come se persino il vento poteva sentirlo «potrei dirti che ti dimenticherò, che andrò avanti lasciandomi alle spalle questo amore impossibile ma ti giuro non è così». La guardò con gli occhi lucidi. La sua voce tremava flebile mentre l'espressione si faceva cupa. «Io vivrò ogni giorno come cavaliere d'onore» disse «ma sarò già morto. Morto senza i tuoi occhi, morto senza le tue labbra, morto soffocando l'amore che provo.» una piccola lacrima gli scivolò via su una guancia «Sarò morto aspettando di smettere di vivere perchè, anche se quì ci è stato negato, Dio nei cieli non ci negherà la possibilità di amarci. Io vivrò tutta la vita col vuoto nel cuore poiché una volta nel paradiso dei cieli potrò viverti».
Fissandolo con aria presa la fanciulla si lasciò sfuggire dei singhiozzi tormentati. «Allora, mio amore, anche io sono già in balia della morte... aspettando di potermi riunire a te» sussurrò e guardando il conte che s'avvicinava sottovoce aggiunse: «Ti dico addio ed accolgo l'attesa della morte, quando sarà arrivata giuro ti ritroverò».
Si narrà che l'attimo in cui Lady Candice Hergik rifiutò la mano del povero Darius Follegni fu teatrale e che mai la bella fanciulla era stata così spietata e deplorevole. Per molti anni il conte rifiutato evitò le fanciulle a corte. Si vociferava di una profonda ferita al suo orgoglio che stava tormentando il suo animo.
Una ferita che si estendeva in odio poiché nonostante avesse finto di non aver capito in realtà conosceva bene il motivo di quel rifiuto. "Ralph Ximer" si ripeteva. Sapeva che il suo fedele cavaliere aveva sempre mantenuto il giuramento di cavaliere verso la sua casata, non lo aveva tradito o abbandonato. Lo guardava ogni giorno, a volte gli sembrava che soffrisse più di lui. Rinunciare alla bella Candice per l'onore verso una casa di nobili... era così ammirevole!
Troppo, visto che lui invece si era indebolito a un rifiuto, visto che tutti vedevamo il solcro che lui, un "conte", si portava dietro.
Così col passare degli anni la ferita divenne un cumulo di risentimento poi rabbia ed infine odio puro.

La notizia che il conte fece condannare il suo più fidato cavaliere fece il giro delle contrade attirando la dolorosa presenza di una contessina che in quegli anni aveva rifiutato ogni tipo di corteggiamento. La sua bellezza per le strade del regno di howghen aveva lasciato il segno nei ricordi di chi l'aveva vista. I riccioli nero ebano, il magnifico viso tondo, le labbra rosee come un bocciolo di rosa e quegli occhi, blu come la notte e scintillanti come il mare illuminato dai raggi di luna. Avvolta in un vestito color pesca col bustino stretto in vita e le ampie gonne.
Aveva indugiato nella piazza principale, davanti al patibolo delle impiccaggioni.
Le lacrime e i singhiozzi la facevano tremare mentre fissava il suo amato cavaliere che dondolava pensoloni col cappio al collo. Qualcosa che nessuno avrebbe mai voluto vedere, poteva segnare l'inizio di una ulteriore tristezza eppure nel suo cuore echeggiavano le parole del suo perduto amore. Corse alle mura, più disperata che mai.
Chi la vide da vicino quel giorno racconta di aver scorto un sorriso sul suo viso.
Passò vicino alle guardie per le mura di ronda, fino ad arrivare sopra la piazza.
Si buttò e sembrava quasi volasse in quella sua maestosa bellezza che la portò a morire proprio ai piedi del patibolo dove giaceva già il suo perduto amore.
Sembrava quasi che il cadavere del cavaliere la fissasse con aria triste, con quei suoi occhi spenti e sbarrati di fronte alla morte.
Si narrà che pochi minuti dopo la morte della bella Lady Candice si siano udite delle risate allegre e felici e che i presenti non abbiamo mai capito da dove provenissero.
Io personalmente, che sono una guardia reale e faccio la ronda a quelle stesse mura ogni notte posso dire solo una cosa... nelle notti di luna piena, quando la luce illumina abbastanza la piazza ho visto una coppia di spettri che passeggia tenendosi per mano ed ho sentito le loro risa.
Lui ripete sempre che aspettava con ansia di vivere con lei dopo la morte e lei lo ringrazia ogni attimo di averla aggrappata in volo.